Leggo su “la nuova” di oggi il pezzo su Marcello Pittella che ricorda la vicenda giudiziaria. Vedo richiami, dove parla di “dramma umano” e “riscatto morale” che rispetto ma non condivido, per cui faccio alcune mie riflessioni vista la complessità politica del momento, e di come quel che accadrà nel sud dell’Italia e in particolare nella nostra regione dopo la rielezione e il futuro della politica regionale attraverso l’autonomia differenziata e il “riscatto sociale” dei lucani.
Anche sulla campagna elettorale per le europee l’8 e 9 giugno bisogna assumersi le proprie responsabilità e avere coraggio delle proprie idee, perché anche questa volta la destra appare sempre più concentrata sugli equilibri personali che sui temi, non è un fatto di essere considerato “radioattivo”, e che questa storia personale, seppur legittima, continua e alimenta a mio avviso lo scarso interesse e la disaffezione dei cittadini alla politica stessa attraverso l’astensionismo.
Caro Marcello, il riscatto dei lucani è parlare dei temi, da sempre, sin da quando ero membro per la difesa del nostro Ospedale, sai benissimo che le nostre denunce hanno sempre avuto un peso e una risonanza e una conferma non indifferente. Avendo vissuto le mancanze del governo Bardi ho preferito non insistere perché il tema era diventato più complesso e più centrale, per il vero se vogliamo parlare del dramma umano e del riscatto morale di chi non può pagarsi le cure per via di una programmazione sanitaria assente, oltre a cercare cifre enormi per salvare la sanità dal commissariamento, i lucani potrebbe farlo ogni san giorno.
È notizia di ieri, settantacinque giovani professionisti l’anno scorso hanno chiesto il nulla osta per svolgere la professione all’estero dove si guadagna meglio, formiamo i giovani a nostre spese per regalare tutto agli altri. Per quanto concerne i medici di famiglia invece, le stime parlano di una mancanza di altri trentacinque medici entro il duemila ventisei, una figura di riferimento per tutti che va pari passi con quella della salute mentale, dove, anche in questo caso Bardi non ha fatto proprio il massimo per dare risposte a tutti quelli che hanno bisogno, sempre se non si vorrebbe entrare nella tentazione di riaprire i manicomi.
Fermare la fuga dei giovani rientra tra le priorità, i migliori se ne vanno e la speranza è al lumicino, il motto come un mantra dovrebbe essere quello di portare al centro le politiche del lavoro perché noi come tanti sono figli di questa terra e sentiamo molto l’appartenenza. Se non hai un lavoro, non puoi curarti e se non ti curi non puoi lavorare, sta di fatto che secondo un recente report demografico, negli ultimi anni quattrocentocinquanta mila giovani laureati e diplomati, quasi un milione in meno in dieci anni, hanno preso altre strade, e questo significa anche che non avremo un cambio della classe dirigente, in compenso però abbiamo chi condivide l’autonomia differenziata e che potrà salvarsi; uno, perché non si vuole comprendere il sistema che essi conducono, due, perché pensa di mettere allo stesso livello i lucani quando in realtà non si salva nessuno, per cui non dobbiamo dimenticare che vi è sempre una mancanza di politiche attive per la famiglia e del singolo che aiuti i giovani a rimanere nelle loro realtà, dove hanno ancora un collegamento familiare di aiuti e un sistema che ci rende differenti agli altri paesi europei. Forse dovremmo smetterla con le politiche dei bonus e iniziare con quelle serie di assistenza alle giovani coppie per incoraggiarli a procreare con azioni concrete, come ad esempio gli asili nido in costruzione a Marconia anche per diminuire il divario dove vi è una realtà più carente.
Siamo sempre primi tra gli ultimi con la denatalità e il lavoro povero che è diventata ormai una dipendenza della famiglia d’origine e degli anziani che sovrabbondano sui giovani, anche per la mancanza di servizi di assistenza e con la posticipazione in cui si riesce a creare una base permanente. Sono certo che i lucani, anche questa volta non si limiteranno a nascondere le loro problematiche sotto il tappeto di casa.
Giuseppe Cisterna
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